Nella vita quotidiana della nostra epoca, così assediata da equivoci frastuoni, spesso ci accade di imbatterci nella sigla V.I.P., o, più sbrigativamente “vip”. E’ ormai noto, al limite dell’ovvietà, che tale sigla, di matrice anglosassone, vuole indicare una “Very Important Person”, cioè un personaggio che ha assunto una posizione di rilievo, divenendo “importante” nel contesto sociale, dal mondo dello spettacolo, dello sport, della politica, della scienza, della tecnologia, al mondo degli affari, della finanza, della nobiltà, del cosiddetto “gossip”, e altro. Ai Vip usualmente si concedono privilegi, posti o trattamenti di riguardo, onori della cronaca, sguardi di rispetto, atteggiamenti di devozione, e, in molti casi, anche bagni di folla e manifestazioni di collettivo delirio. Perché? Che cosa rappresenta il “vip” nel nostro mondo immaginario?
Sicuramente il “vip” non è una figura nuova nella storia della umana società. Cambiano le mode, gli usi, i costumi, la cultura in generale, ma non cambia né, forse, mai cambierà il bisogno di “osannare” un “eroe” che, col suo carisma, ci trasmetta forza e speranza di una possibile vita diversa.
Infatti, tutte le volte che gli uomini hanno avvertito profondamente il bisogno di scrollarsi di dosso il rischio del grigiore di un anonimato senza speranza, di una quotidianità frustrante, di una condizione di umiliante miseria, oppure, più semplicemente, hanno desiderato, come il mitico Faust, di superare i limiti che la stessa realtà ci impone, confinandoci nell’angusto carcere dello spazio e del tempo, la fuga nell’immaginazione ha costituito sempre la via più facile e meno difficile per trovare risposta ai propri desideri inappagati. Tutti noi, ad esempio, da adolescenti abbiamo sperimentato la fervida produttività della nostra fantasia, quando, alle prese con mille dubbi, paure ed insicurezze circa il movimentato e spesso contraddittorio scenario della nostra crescita, abbiamo “compensato” con veri e propri sogni ad occhi aperti tutti i nostri sensi di inferiorità e le nostre timidezze, immaginandoci di essere splendidi “eroi” senza macchia e senza paura, in possesso di straordinari poteri soprannaturali, oppure affascinanti “eroine” in grado di addolcire cuori di pietra di intenerire orchi cattivi e conquistare ardimentosi principi azzurri.
In questo variopinto contesto emozionale è stato sempre facile che le nostre eroiche fantasie, muovendo dalla nostra personale immaginazione, si “proiettassero” anche all’esterno, alla ricerca di figure onnipotenti e invincibili – o almeno dotate di poteri possibilmente superiori alla media -, che potessero incarnare tutti i nostri più segreti desideri di grandezza, confortando ed esaltando con la loro presenza i nostri più arditi sogni di gloria.In tale modo si sono creati i “miti” della nostra gioventù, che spesso hanno adornato le pareti della nostra stanza o gli angoli preferiti della nostra casa con le loro immagini seducenti, raffigurate su fotografie, poster o gigantografie : “eroi” dello sport, del cinema, dei fumetti, della musica, dello spettacolo, della fantascienza, della letteratura fantasy, ed altro. Questi personaggi, reali o virtuali che fossero, sono stati spesso idealizzati e considerati quasi come “guide” di tutti i nostri “desideri di grandezza”, e ad essi, talvolta, è stata data persino la delicatissima autorità di costituirsi come modelli del nostro stesso stile di vita e di pensiero.Ebbene, tutto questo palpitante mondo, fatto di segrete aspirazioni e di magici sogni, non ha accompagnato soltanto la nostra storia personale,in un ambito circoscritto alla nostra cultura e alla nostra epoca,ma ha costituito un vero e proprio”reame incantato”,dove, fin dai secoli più remoti e nelle culture più diverse e geograficamente più lontane fra loro, ha trovato rifugio l’immaginazione umana, per ideare Dei, semidei, eroi, uomini eccezionali, profeti dotati di strabilianti poteri e carismi, i quali, con la loro immaginaria presenza, potessero costituirsi come “incarnazioni” viventi e “numi tutelari” di tutte le aspirazioni, gli ideali, le fantasie di onnipotenza che hanno sempre reso infaticabilmente creativa la mente umana.Carl Gustav Jung, il grandissimo esploratore della vita inconscia dell’uomo (in parallelo con l’altro geniale pioniere della Psicoanalisi, Sigmund Freud), formulò la suggestiva ipotesi che tutto il remoto bagaglio di mitiche fantasie, che ha trovato sempre il suo sbocco nella creazione di “eroi”, di sovrumane figure o addirittura di veri e propri Dei, non si sia mai estinto nella mente dell’uomo, unitamente al suo bisogno di “mitizzare”, ma sia invece rimasto come un prezioso tesoro ancestrale, che, muovendo dai primordi della storia dell’umanità, ha continuato ad alimentare il mondo interiore degli uomini nel susseguirsi delle varie epoche, fino a rimanere ancora oggi operante nei nostri desideri di identificarsi con “figure” straordinarie. Si tratta di una sorta di “eredità” depositata nelle più remote e segrete profondità della vita umana, in una “zona” che Jung denominò “inconscio collettivo”.
In base a questa proposta interpretativa, i “vip” di oggi, altro non sarebbero che una sorta di “riedizione”, in abiti moderni, degli antichi eroi d’altri tempi : per intendersi, discendenti di Achille, di Ulisse, e di migliaia di altri eroi o “divinità” senza confini, che, su scala planetaria, hanno riempito la fantasia umana, venendo celebrati nei poemi epici e nelle “sagre” di cui tutte le culture anche geograficamente più distanti sono state intensamente fertili.Quando, anni fa, nei miei percorsi di studio ebbi occasione di imbattermi in questa stupenda teoria di Jung, superato il primo impatto di perplessità, mi accadde di avvertirne sempre più il fascino, ed iniziai gradatamente a ritenerla “possibile”. In fondo – mi veniva di pensare – perché non accettare l’idea che ogni essere umano che nasce “erediti” negli strati più profondi del proprio essere il patrimonio di esperienze remotissime che hanno permesso all’umanità di passare da stadi primordiali di vita a livelli d’esistenza sempre più evoluti ? E perché non pensare che noi, in sostanza, quando cominciamo a vivere, nasciamo già “vecchi” di migliaia di anni, in quanto in ciascuno di noi si “ricapitola” tutto il percorso che l’intera specie umana ha seguito per “approdare” al tempo presente? Nessuno, pertanto, è mai totalmente “nuovo” sullo scenario del mondo, ma nasce già come un piccolo “portatore di storia” ; cioè la meravigliosa storia vissuta, scritta, sofferta nel bene e nel male da quella creatura imprevedibile che si chiama “essere umano”.
Questa “storia”, però, non è soltanto biologica, cioè non si limita a guidare e regolare la nascita e lo sviluppo delle funzioni e delle “competenze” che permettono al nostro organismo di adattarsi sempre meglio all’ambiente nel suo percorso di crescita, ma è anche “psicologica”, perché di essa fanno parte anche tutti quei contenuti emotivi che hanno sempre accompagnato e alimentato le domande e le risposte con le quali, nel corso della propria storia, gli uomini si sono sempre confrontati , per cercare di dare senso, spiegazione e speranza alla vita e alla realtà circostante.Un percorso non facile, spesso in salita e irto di ostacoli ; un sentiero insidioso, faticoso, sconosciuto e misterioso, che provocava frequentemente smarrimento, paura e disperazione : tutti sentimenti “da sempre” vissuti sia individualmente che collettivamente, ai quali “da sempre” l’uomo ha risposto con l’immaginazione, creando dei “punti -forza” simbolici su cui poter contare e con i quali potere identificarsi per sentirsi “protetto” e rassicurato dinanzi alle difficoltà della vita. Questi “punti-forza” sono, appunto, gli Eroi e gli Dei che hanno costellato e accompagnato la storia dell’Umanità.Quando queste considerazioni entrarono in me in modo sempre più convincente, il moderno concetto di “vip”, che avevo sempre considerato come la fastidiosa espressione di una “moda” futile, talvolta delirante e quasi sempre fuorviante rispetto ai veri problemi della nostra quotidianità, cominciò ad apparirmi come bisognoso di una nuova “chiave di lettura”.Ovviamente gli Eroi e gli Dei delle mitologie antiche sono ormai definitivamente tramontati, specialmente dinanzi al progresso scientifico e tecnologico che “gestisce” in modo assai diverso il nostro rapporto con la vita e con la realtà. Ma se oggi non si parla più di Achille, di Ettore e di Ulisse, se non in sede culturale e scolastica, mi apparve ben chiaro come, invece, non si sia mai assolutamente estinto il bisogno di riferirsi, nei vari campi della vita, a figure carismatiche con le quali identificarsi per sentirsi “forti”, “protetti”, “rassicurati” “sicuri di sé”. Questi sono i nuovi “Maestri” che hanno sostituito gli antichi Dei ed Eroi del passato. Ad essi spetta una specie di “compito educativo” che non dovrebbe mai essere dimenticato. Essere “vip” è una responsabilità, a ben pensarci, che non dovrebbe mai essere tradita per trasformare la propria notorietà in un “delirio di onnipotenza” cieco e sconclusionato, al quale, purtroppo, assai spesso ci accade di assistere. Nell’antica Grecia, la trama educativa sulla quale si sviluppava la “paideia”, cioè l’educazione dell’uomo, si fondava per buona parte sullo studio dei grandi poemi omerici, dove si parlava delle gesta di Eroi e di Dei dal cui esempio si traeva tutto il sistema dei valori che dovevano guidare e illuminare la vita del cittadino colto.
Ancora oggi, l’uomo del nostro tempo, specie quando è giovane, cerca l’ “Eroe” per idealizzarlo, farsene “discepolo” , e sentire, così, di avere un significato nella vita. I moderni eroi, cioè i “vip”, dovrebbero essere assai più consapevoli di questa loro pubblica responsabilità, superando la barriera di un narcisismo egoistico, che non trasmette alcun valore, ma solo apparenza.
E’ e sarà sempre importante essere importanti!