Napule e’ mille culure,Napule e’ mille paure. In ricordo di Pino Daniele

Posted on

Ricordo ancora il terribile spasimo di angoscia che mi lasciò senza parole quando appresi casualmente, seguendo il telegiornale, la notizia della improvvisa scomparsa di Pino Daniele. Prima di Pino Daniele era morto Mango, durante un concerto, e già questa precedente notizia mi aveva seriamente addolorata, perché Mango faceva parte dei miei cantautori preferiti.

Adesso era la volta di Pino Daniele. Istintivamente un pensiero crepuscolare, duro e pesante come un macigno, mi cadde sul cuore : “Ma stanno morendo proprio tutti, precocemente, inesorabilmente, gli artisti che hanno arricchito la nostra anima con i loro versi e i loro canti, invitandoci a sperare ancora nella possibilità di una “leggerezza dell’essere” in un mondo che si fa sempre più pesante? Viviamo ormai in un’epoca di tramonti crudeli, dove diviene sempre più difficile, e persino vietato, sognare?”.

Poi, seguendo in silenziosa commozione i funerali di Pino Daniele, mi colpì di sorpresa la cerimonia dell’esposizione dell’urna con le sue ceneri dinanzi a tutti coloro – ed erano molte migliaia! – che volevano porgere l’ultimo saluto al cantante. Subito si risvegliò in me il ricordo di quando, studentessa diciannovenne ormai giunta alle soglie dell’esame di maturità, studiavo “I sepolcri” del Foscolo, dove si parlava di “urne dei forti” che “a egregie cose il forte animo accendono”.

Era il tempo in cui le canzoni di Pino Daniele allietavano già da qualche anno i miei momenti di riposo dalle fatiche dello studio. Pino, fin dagli inizi della sua carriera mi aveva affascinato col suo stile musicale, con la sua voce e con i versi delle sue canzoni, ed era subito divenuto l’inseparabile compagno dei momenti più difficili della mia vita, specie quando, ragazzina da poco uscita dalla fanciullezza, ero in preda ai primi sintomi di “mal d’amore” e mi rifugiavo nelle sue melodie, imparandone a memoria le parole e canterellandole per cercare sollievo dalle mie inquietudini di adolescente sognatrice. Ebbene, vedere esposta, ora, la sua “urna” agli sguardi di un pubblico addolorato, mentre nell’aria echeggiavano le note delle sue più indimenticabili canzoni, mi fece tornare in mente proprio quei versi del Foscolo.

Non voglio scivolare sul terreno di una ampollosa e spropositata retorica. So bene che Pino Daniele non é stato un “titano”, né un eroe, né un martire, né un grande personaggio che abbia contribuito al progresso dell’umanità. Tuttavia é stato e rimarrà sempre un uomo-artista, dall’animo intensamente poetico, delicato e sensibile, che ha saputo fare del suo canto “….a voce de’ criature, che saglie chianu chianu, e tu sai ca’ nun si sulo” . E c’é bisogno anche di questo nella nostra vita quotidiana, non-eroica, di persone di tutti i giorni, di semplici “criature”, appunto : che qualcuno con la sua musica, con i suoi versi e con la sua voce non ci faccia sentire “suli”, ma ci faccia percepire che siamo tutti profondamente uniti da una comune umanità, da una “grande anima comune”, dove si agitano i medesimi pensieri, emozioni, amori, passioni, dolori, gioie, speranze, delusioni, perdite e conquiste. Come accade in una grande orchestra, dove ciascuno trova la propria collocazione per intonare e suonare il proprio strumento e contribuire in tal modo all’armonia concertistica di tutto l’ensemble. Si tratta di un grande dono : e Pino ce lo ha lasciato con le sue canzoni, dove ognuno di noi potrà trovare sempre qualcosa di sé rappresentato nella musica, nei ritmi, nei versi delle sue composizioni. In tal senso egli – mi sono detta infine – non é scomparso, ma rimarrà sempre dentro di noi come un mitico invito ad andare incontro alla vita con una canzone nell’anima.
Molte sono le canzoni di Pino che hanno “scandito” momenti e passaggi epocali della mia esistenza, con le loro suggestive musiche e con le loro poetiche parole, nelle quali ho visto spesso specchiarsi i vari stati d’animo che hanno colorato il divenire della mia crescita. Ricordo, ad esempio, uno dei suoi primi album intitolato “Nero a metà”, del 1980, dal quale la canzone “I say i’ sto ccà, me ‘mbriaco e c’aggia fa’….”, venne eseguita nel “Dancing” del mio paese in occasione di una indiavolata festa di carnevale, mentre io mi scatenavo a ballarla a ritmo di tango svelto con tutta la gioia spensierata degli anni dorati della mia adolescenza. E, ancora, mi viene in mente un’altra sua canzone, che spesso “intonavo” come un inno di protesta, quando, sempre durante la mia adolescenza, mi accadeva di entrare in contrasto con gli schemi di comportamento che gli adulti mi volevano imporre e che io consideravo troppo bigotti, conformisti e provinciali, ribellandomi e accettando di essere considerata “pazza”. In quelle movimentate occasioni cantavo con Pino “Je so’ pazzo, je so’ pazzo / e vogl’essere chi voglio, / ascite fora d’a casa mia…. / non mi date sempre ragione / io lo so che sono un errore, / nella vita voglio vivere / almeno un giorno da leone….”. Poi, ecco i miei primi innamoramenti, incantati, appassionati, struggenti, sognanti, che accompagnavo mormorando i versi dell’altra stupenda canzone di Pino “Tu dimmi quando, quando / dove sono i tuoi occhi e la tua bocca / forse in Africa, che importa…. / Tu dimmi quando, quando / siamo angeli che cercano un sorriso, / non nascondere il tuo viso / perché ho sete, ho sete ancora….”.

Avverto ancora oggi i brividi che la voce di Pino mi infonde, quando mi accade di ascoltare quelle indimenticabili parole d’amore. Amore, sentimento da me sempre tanto agognato, forza sublime dell’Universo, origine di tanti tormenti, di laceranti conflitti, ma inesauribile e potentissima risorsa dell’anima, che rende la vita degna di essere vissuta! Amore, che scorre su di noi come una pioggia purificatrice, lavando le sofferenze, le delusioni e trasformandole nella carezza di un dolce ricordo : “…. E aspiette che chiove / l’acqua te ‘nfonne e va / tanto l’aria s’adda cagnà…./ Se fa scuro e parla ‘a luna / e te vieste pe’ senti’ / pe’ te ogne cosa po’ parlà, / ma te restano ‘e parole….”. Ed ecco, infine, lo sconfinato amore che Pino ha espresso per Napoli, la sua città, lacerata da mille contraddizioni, sempre tormentata dal degrado ambientale più terribile, insidiata dall’ombra artigliata della camorra, offesa dal disprezzo dei “benpensanti”, ma luogo, pur sempre, di una profondissima e palpitante “commedia umana”, unica e irripetibile, dove si intrecciano miseria e grandezza, egoismo e generosità, cinismo e slancio appassionato, arte della scenata e autenticità di sentimenti : perché “Napule é mille culure, / Napule é mille paure, / Napule é ‘a voce di’ ccrriature / che saglie chianu chianu…”, e non si può non amarla, proprio per questa sua vibrante e indimenticabile umanità, per questo suo essere polifonico “cantico delle creature”, che sale e si diffonde nel mondo…. E da qui, muovendo dalla sua Napoli, Pino diviene cantore universale di tutta quella gente che, come me, ha sempre avuto l’appassionato desiderio di narrarsi, di esprimere la musica racchiusa nella propria anima, trasformandola in melodia d’amore e di speranza.

Perché la musica, la vera musica, quando scaturisce dal cuore, é anche speranza ; una speranza che non deve essere mai perduta, malgrado tutte le difficoltà e le contraddizioni della vita quotidiana, che si sia napoletani o, come me, siciliani : gente del Sud, che molti hanno sempre giudicato pigra e incapace di evolversi, ma che ha nell’anima tanta gioia, tanti valori umani, tanto ingegno e, soprattutto, tanto sole e calore da trasmettere, per accogliere, amare, aggiungere un posto a tavola per chiunque si senta solo e abbia bisogno d’amore. Pino Daniele queste cose le conosceva bene, per questo rimarrà sempre nel mio cuore come un indimenticabile amico.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *