L’enigma di una Vocazione

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Qualche giorno fa mi è accaduto di andare a far visita ad una mia amica che è in procinto di farsi suora missionaria nell’ordine delle Carmelitane, e che sta trascorrendo il suo noviziato in un convento non lontano dal nostro paese.

La sua importante scelta di abbracciare una nuova vita, maturata circa un anno fa, ha lasciato parenti ed amici profondamente sorpresi, perché del tutto inaspettata. La mia amica, una bella ragazza, colta e da poco laureata, stava iniziando a muovere i primi passi sul difficile percorso della propria carriera professionale, ed era anche felicemente fidanzata con un giovane, fra l’altro assai piacente.

Su questo scenario di scelte ormai “naturali”, la sua improvvisa decisione di dedicare tutta se stessa alla vita religiosa è comparsa come un evento profondamente “strano”, sconvolgente e rivoluzionario. Era circa un anno che non la incontravo da quando si era ritirata in convento, e rivederla vestita nel suo saio marrone, con i capelli corti, il volto pallido e i piedi nudi, protetti solo da sandali aperti, di cuoio rude, ha inizialmente suscitato in me un repentino sussulto di sentimenti contrastanti : da un lato un commossa tenerezza, per la quale non riuscivo a trattenere le lacrime che tentavo disperatamente di evitare ; dall’altro lato un simultaneo moto inarrestabile di rabbia per lo spettacolo di sottomessa umiliazione che quella “tenuta” mi trasmetteva.

Possibile, mi chiedevo, che una ragazza come lei possa essere improvvisamente “impazzita”, o essere caduta in preda ad una “nevrosi” senza via d’uscita? Ma in quel momento si stava celebrando la Messa, e la mia amica si trovava sull’altare con altre novizie. Cantava, accompagnandosi con la chitarra, con voce limpida e soave insieme alle sue future consorelle, e l’atmosfera che quei canti creavano, emanava un calore ed un senso di letizia così rasserenante, che immediatamente mi sono vergognata della mia silenziosa “protesta” e delle mie “velenose” riflessioni.

D’istinto mi sono messa a scrutarla più attentamente, ed i miei occhi, infine, si sono incontrati con i suoi, rimanendone come improvvisamente “illuminati”. Lo sguardo della mia amica emanava un tale senso di gioia, di estasi, di sublime rapimento, di interiore felicità e, nel contempo, di così fiammeggiante determinazione, che in un solo attimo mi è sembrato di comprendere il vero senso del mistero di ciò che abitualmente chiamiamo “vocazione” : una parola che nella sua originaria matrice latina di “chiamata” può indicare una semplice inclinazione per una professione, per uno stile di vita personale o sociale, oppure può echeggiare l’abissale, inarrestabile ed insondabile richiamo per una “missione” che stravolge totalmente tutti i parametri di una vita “normale”, per renderla “eccezionale”, “straordinaria”, e persino “folle”, perchè lontana da ogni senso comune, nella sua imperiosa vicinanza ad una logica che non è “di questo mondo”, ma che tuttavia può paradossalmente trasformare proprio questo stesso mondo.

Tutta questa luce, in un brevissimo sguardo, rapido come il battito d’ali di una farfalla, mi ha trasmesso la mia amica, trafiggendomi il cuore con una freccia di gioia. Allora anche io ho rotto il silenzio della mia scettica meschinità e mi sono trovata improvvisamente a cantare con lei un inno di ringraziamento. Finita la Messa ci siamo abbracciate senza dire una parola, ma lasciando che fossero i nostri cuori a comunicarsi tutta la loro vibrante e commovente Verità. Poi me ne sono tornata a casa, in silenzio, sentendomi assai diversa rispetto a quando ero uscita.

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