Crisi di coppia e dinosauri

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Recentemente, un amico, al termine di una vivace e simpatica discussione serale di gruppo su come, oggi, stia diventando sempre più problematica la vita affettiva della coppia, mi ha proposto una serie di domande, che hanno suscitato dentro di me una scia di riflessioni su cui mi sembra utile ritornare in questa sede, data la portata generale dei problemi che quegli interrogativi introducono. Eccone il contenuto, che ho voluto fedelmente riportare.

“Insomma, Luisa, perché il matrimonio finisce sempre col rovinare l’amore? Siamo incontentabili? Oppure è il matrimonio in sé che crea limiti insormontabili? Anche il sesso diventa semplice routine, oppure è necessario “fantasticare” per incentivare o risvegliare le emozioni? E il tradimento, è una violazione dell’amore? E cosa è che spinge a tradire?”

Sicuramente, sono dell’idea che il clima un po’ troppo pessimista che grava sui quesiti che il mio amico mi ha posto non debba essere generalizzato ; tuttavia non vi è dubbio che ognuno di essi rifletta effettivamente una certa linea di tendenza che investe il modo di vivere il rapporto a due nella nostra epoca ; una modalità che spesso assume proporzioni consistenti.

Partiamo intanto da questa constatazione : oggi, sembra diventare sempre più numerosa una certa schiera di persone che, pur vivendo di fatto in coppia, definirei con un’unica espressione sintetica “pellegrine d’amore”.

La parola “pellegrino” non è nuova nella nostra cultura occidentale. Essa ha generalmente designato un particolare tipo di personaggio che, pervaso da un’inquietudine crescente, caratterizzata da una struggente sensazione di “mancanza” o di “vuoto” interiore, si mette in movimento, in cammino, alla ricerca di un obbiettivo, di una méta, di un “ubi consistam” (dove mi fermerò), che possa essere in grado di riempire o compensare la sensazione di “mancanza” che lo affligge.

In un passato più remoto il fervore di questo appassionato “muoversi” assumeva spesso connotati prevalentemente religiosi e si placava soltanto mediante un approdo al Divino, o, più concretamente, mediante il raggiungimento di un Luogo Sacro, come un Tempio, un Santuario, una Città Santa, o altro.

Il “pellegrino d’amore” di oggi è molto più “laico” rispetto al suo antenato d’altri tempi. Sicuramente, anche egli è un “insoddisfatto”, uno “spirito inquieto”, un “deluso”, ma l’orizzonte entro cui si collocano le sue inquietudini riguarda la vita affettiva personale e non il problema metafisico del destino dell’anima.

Ciò che lo spinge a “mettersi in cammino” per attivare una ricerca d’amore è una sensazione struggente che potremmo definire “di perdita”. La causa ne è il progressivo spegnersi della passionalità iniziale del rapporto di coppia nel grigiore di una quotidianità tessuta di abitudini, di impegni, di scadenze pratiche, di preoccupazioni per i figli (quando ci sono), di precarietà esistenziale, spesso drammaticamente lavorativa, ed altro, dove alla vivacità elettrizzante dell’entusiasmo e della “complicità” che un tempo caratterizzava la vita a due, subentra una asfissiante e deprimente atmosfera di stanchezza e di “anestesia” emozionale, che fa naufragare l’antica “corrispondenza di amorosi sensi” in un agonizzante e balbettante scambio di accuse, dentro un mare di reciproche incomprensioni. E’ l’addensarsi di questo clima da “paradiso perduto” che finisce col mettere inesorabilmente in crisi molti rapporti di coppia. Quando, in un crescendo sempre più drammatico, lo spirito dell’antica unione solidale si trasforma tristemente in estraneità, in una sorta di gelida “solitudine a due”, ecco che si creano quelle premesse che spingeranno uno o ambedue i partner a muoversi alla ricerca di un nuovo amore in grado di colmare il vuoto che si è determinato. Questo “pellegrinaggio” può assumere varie configurazioni, a seconda dei gradi di sensibilità di ciascuno. Ad un livello più semplice può limitarsi alla ricerca di nuove emozioni e soddisfazioni sessuali di carattere “evasivo” con altri partner occasionali, non escludendo, soprattutto da parte maschile, l’aspetto “mercenario” ; oppure, ad un livello molto più profondo, può sfociare nel desiderio di trovare una nuova “anima gemella” con la quale sia possibile rinnovare la magia palpitante di un nuovo travolgente innamoramento. E in questo caso, è un po’ come se si risvegliasse un antico sogno di matrice adolescenziale, dove si agitano fantasie di principi azzurri o di principesse affascinanti che rinnovano l’estasi di amori sublimi.

Ma ora, dopo avere esaminato le cause più immediate e visibili dell’insorgere di questa diffusa “inquietudine amorosa” – che potrebbero di primo acchito confermare il pessimismo racchiuso nei quesiti del mio amico – , è lecito chiedersi se questo sia l’unico e inesorabile destino finale cui “deve” fatalmente andare incontro ogni rapporto affettivo, dal fidanzamento, alla relazione di convivenza, al matrimonio. Sicuramente, il percorso di molte coppie segue questa parabola discendente. Ma è proprio vero che la maggior parte delle relazioni di coppia che superino una certa soglia di durata, finisca col naufragare fra i flutti dell’abitudine, della stanchezza, della noia? Ed è vero che la vita matrimoniale in particolare divenga, trascorso un certo periodo, la “tomba” dell’amore, sulla quale finisce col gravare la croce del tradimento? Proviamo a riflettere.

Se molte sono le situazioni-crisi che investono la vita a due, non poche sono, a fronte, anche le relazioni di coppia che, invece, solcano le onde del tempo in modo più intrepido, senza lasciarsi travolgere dall’insidia della noia e dell’abitudine. A me personalmente è capitato spesso di condividere gioiosamente la celebrazione di “nozze d’argento”, o “d’oro” di parenti e amici, oppure di constatare una valida “tenuta affettiva”, dopo anni di convivenza, in coppie assai più giovani : e non mi è sembrato che si trattasse di coppie “stanche”, oppure “rassegnate”. E’ giusto e doveroso, allora, dopo avere diagnosticato i possibili motivi che possono alimentare uno stato di crisi, chiedersi quali siano, invece, le ragioni in grado di spiegare il permanere nel tempo di un rapporto a due.

Su questo argomento, ricordo una curiosa osservazione che, a titolo di battuta umoristica, ha proposto uno dei partecipanti all’acceso “dibattito” dell’altra sera, dal quale sono scaturite le domande del mio amico, riportate all’nizio di queste riflessioni. Quell’interlocutore – un ospite casuale, che era stato invitato alla serata da un mio parente – aveva sostenuto che molte persone, dopo essersi sposate, stabiliscono una specie di “patto di fedeltà” con la fotografia o le fotografie ufficiali del proprio matrimonio, e non riescono più a separarsi da quelle immagini, pretendendo che il tempo si fermi a quell’evento, come nella favola della bella addormentata.

Ovviamente, quando sopravviene, specie dopo anni, la constatazione degli inevitabili mutamenti intervenuti nel frattempo, per loro accade come ai dinosauri. Come gli antichi mastodonti preistorici, totalmente privi di flessibilità adattiva, finirono con l’estinguersi, incapaci come erano di adeguare il loro rudimentale organismo alle continue trasformazioni ambientali, così fanno anche questi “cultori
dell’immobilismo” nel rapporto di coppia. Quando i “segni del tempo” si manifestano, diventano tristi e insofferenti, protestano e si accusano a vicenda di “non essere più quelli di prima”, determinando la fatale estinzione della relazione a due.

La paradossale trovata di paragonare la crisi di coppia all’estinzione dei dinosauri non poteva non suscitare l’ilarità generale, ed anche io inizialmente ho partecipato spensieratamente a quel momento di allegria. Ma dopo, come spesso accade a proposito dei paradossi, mi è sembrato di poter ravvisare una verità nascosta dietro lo scintillio salottiero della battuta. Forse l’ospite, magari inconsapevolmente, oppure – chissà! – anche volutamente, col sorriso sulle labbra ha toccato un problema di ben più ampia portata “epocale” rispetto all’ambito limitato del semplice scherzo. Se volgiamo, infatti, uno sguardo panoramico alla nostra epoca, effettivamente non possiamo non avvertire la presenza di notevolissimi cambiamenti che interessano l’assetto generale della natura e della vita sociale. L’intero ecosistema naturale sembra aver perduto la sua tradizionale stabilità, un tempo caratterizzata da ritmi regolari stagionalmente scanditi. Le catastrofi naturali, come alluvioni, terremoti, maremoti, cedimenti franosi di vario genere, scioglimento dei ghiacci polari, ed altro, nel quadro di una meteorologia impazzita, sono diventate il nuovo linguaggio della natura.

A questo stato di cose, con misteriosa, ma puntuale sincronia, corrispondono profonde e radicali modifiche nella vita individuale e sociale, causate dall’insorgere di un grave stato di crisi che ha colpito l’economia mondiale, provocando instabilità lavorativa, disoccupazione, perdita di certe tradizionali sicurezze su cui si fondava, in un passato non lontano, l’assetto dell’esistenza di milioni di persone. Oggi, chi, nel mondo occidentale, poteva un tempo contare sulla stabilità di un certo grado di benessere, rischia sempre più frequentemente di doversi confrontare con lo spettro del precariato o, addirittura, della povertà, mentre chi, ad altri livelli sociali, oppure in altre aree dello scacchiere mondiale, era già povero, si trova a vivere in un clima ancora più accentuato di vera e propria tragica lotta per la sopravvivenza.

Le ripercussioni che tali congiunture determinano sul piano della psicologia individuale sono assai pesanti. Quella più macroscopica è l’incertezza del futuro. Progettare il futuro sta divenendo, oggi, per moltissime persone una vera e propria scoraggiante impresa irta di ostacoli, rischi e paure. La tradizionale “tridimensionalità” del tempo, articolata nella sequenza passato-presente-futuro, che ha scandito sempre, nel bene e nel male, il divenire della vita individuale e collettiva, si configura oggi in modo fortemente disarmonico. Si vive prevalentemente nel presente, all’insegna del “tutto e subito”, alla disperata ricerca di sicurezze e di successi immediati. La progettazione a lungo termine, che richiede la pazienza dell’attesa, la capacità di “trasformare”, “rimodellare” e “riadattare” continuamente le proprie aspettative con riflessiva saggezza, dinanzi a tutti gli eventuali fattori ostacolanti, è un tipo di impresa che ben pochi si sentono di affrontare. La mentalità più diffusa è quella dell’accumulo immediato e spesso “cieco” di beni consumistici, in un clima sempre più frequente di corruzione a tutti i livelli, di spregiudicatezza morale, di mancanza di sensibiità sociale e di rispetto per il prossimo, dove la capacità di entrare autenticamente in rapporto e dialogare con se stessi e con gli altri finisce col naufragare nell’indifferenza, nell’intolleranza e nel più gelido egoismo.

Forse, proprio in questo specifico senso si potrebbe paragonare la nostra epoca ad una nuova “era dei dinosauri”, perché vivere in prevalenza nel presente è un inesorabile indizio di grave mancanza di flessibilità adattiva, che finisce col negare ogni possibilità di progresso futuro.E tutto ciò, paradossalmente, in controtendenza rispetto allo stesso enorme progresso tecnologico che quotidianamente ci circonda.

Ma qui io sto parlando di “fattori qualitativi”, come “progresso della coscienza”, “saggezza emozionale”, “sensibilità d’animo”, “linguaggio del cuore”, i quali troppo spesso appaiono assenti a fronte della “mentalità quantitativa” che domina e guida la logica ferrea del progresso tecnologico. Imprigionato in questa inestricabile contraddizione fra intelligenza pratica e traballante o assente sensibilità emotiva, l’uomo d’oggi rischia di diventare – simbolicamente – una sorta di “cefalopodo”, cioè un mostriciattolo tutto “testa”, che si muove su due gambe filiformi (come nei primi disegni dei bambini assai piccoli), senza un corpo come “tempio” di passioni, di slanci, di curiosità, di capacità di meravigliarsi, di entusiasmarsi verso il futuro e verso la bellezza della vita. Il corpo, al più, è solo un oggetto da “costruire” tecnologicamente (ecco il “body building”!), e da “esibire” come pura esteriorità che appartiene al mondo dell’apparire e non dell’essere.

A questo punto, è inevitabile pensare che il sottile “veleno epocale” che inquina le coscienze di tantissime persone, si infiltri anche nella vita di moltissime coppie, mettendone in crisi la stabilità e seminandovi inquietudine. Penso infatti che uno dei principali motivi del naufragio di una relazione di coppia sia provocato, anche in campo affettivo, proprio dalla tendenza a “immobilizzare e idolatrare il presente” in un sogno avido di “eterna giovinezza”, che ignora ogni forma di “adattamento flessibile” al trascorrere del tempo e trascura ogni attenzione alla necessità di “ridefinirsi”, di “cambiare” e di “riorientarsi” continuamente dinanzi ai nuovi orizzonti che proprio il
divenire del tempo propone. Il tempo che scorre con l’età viene considerato come una sorta di malattia mortale, e l’unica cura che rimane per guarire è, fatalmente, il cambiamento del partner. Ma che cosa è, allora, che alimenta la “salute” che quelle tante coppie di cui parlavo prima riescono a mantenere nel tempo? Masochismo? Rassegnazione? Pigrizia? Mancanza di coraggio? Desiderio di quieto vivere? Difficoltà nel sostenere eventuali sensi di colpa? Potrebbe anche darsi. Tutto è possibile.

Io, tuttavia, penso che coppie come quelle abbiano trovato l’unica strada per praticare veramente ciò che Fromm chiamò, con suggestiva espressione, “l’arte di amare” : la strada del coraggio e della buona volontà di mantenere sempre verde il proprio rapporto, prendendosene cura e trovando pazientemente nuovi significati e modi sempre nuovi di convivere nella quotidianità, in un clima di reciproca e intramontabile “complicità”. In sostanza, non “guardando altrove”, ma rimanendo “dentro” il rapporto e vedendolo sempre come un continuo processo dinamico di “evoluzione” e di trasformazione della reciproca intesa. Si tratta di coppie che navigano intrepide nel tempo senza averne paura, e, soprattutto, senza temere il futuro. Credono nella speranza, non temono di “invecchiare” insieme, anzi, concepiscono la senilità come una crescita e non come una decadenza, e continuano ad andare incontro alla vita tenendosi per mano, superando ostacoli d’ogni sorta, inventando e scoprendo modalità sempre nuove di dialogo e di interessi da condividere. Non sono, nè saranno mai dinosauri. Testimoniano una via alternativa, un altro possibile modo di vivere la vita di coppia e propongono in questo modo anche una possibile risposta alle scettiche domande del mio amico, che ho riportato all’inizio di queste riflessioni. E forse il loro esempio potrebbe persino divenire un suggerimento per fronteggiare le sorde inquietudini dell’umanità del nostro tempo, che troppo facilmente smarrisce la via del cuore, della speranza e soprattutto dell’amore.


Testo Cocciu D’Amuri – Lello Analfino

Affaccia beddra e senti sta canzuni
la cantu sulu a tia cocciu d amuri
lu sangu mi fa vuddriri nte vini
se nun ti vio mi veni di muriri
affaccia beddra ca si tu a canzuni

e io ca nnanze a vui scordu i duluri
Li peni sunnu duci si tu mi duni a paci
io voghiu stari sempre a lato i tia
vitti nte locchi toi du stiddri
ca luci nu mmezzo e capiddri
fila di ferro e zuccaro
la facci una bannera
unni ci batti u suli, suli di primavera
pi mia tu sia na Dia Sicana
ca quannu arridi u tempo acchiana
io vegnu a ppresso a ttia
fiuri di poisia
ca fa puisiari u munnu sano
Io vegnu appresso a tia
fiuri di puisia
ca fa puisiari u munnu sanu

Traduzione Cocciu D’Amuri

Affacciati bella e senti questa canzone
La canto solo a te coccio d’amore
Il sangue mi fai bollire le vene
Se non ti vedo mi viene di morire
Affacciati bella che sei tu la canzone

E io davanti a te scordo i dolori
Le pene sono dolci se tu mi doni la pace
io voglio stare sempre accanto a te
ho visto negli occhi tuoi due stelle
con la luce nel mezzo e i capelli
filo di ferro e zucchero
la faccia è una bandiera
dove cia batte il sole, sole di primavera
Per me tu sei una Dea siciliana
che quando ridi il tempo va su
io vengo insieme a te
fiore di poesia
che fa poesiare il mondo intero
io vengo insieme a te
fiore di poesia
che fa poesiare il mondo intero.

One thought on “Crisi di coppia e dinosauri

  1. rassegnazione?quieto vivere?accontentarsi di cio’ che si ha?fintanto che,all’improvviso,comparve lei..e tutto’ cambio’..si ritorno’ a vivere..l’amore non riconosce vincoli..e’ indipendente dalle convenzioni imposte dalla societa’ e ,se si e’capaci di sconfiggere certi freni inibitori..

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