Il possibile lato nascosto della nevrosi

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“Ma cosa c’è di più onnipotente che accanirsi a trattare la nevrosi opponendoci ad essa, come se volessimo risolvere il problema della malattia e della morte, o, in termini ultimi, del male, che è inalienabile dalla nostra esistenza? Altro è, invece, tentare di riattivare la funzione creativa della personalità, nonostante la nevrosi, al di là quindi del bene e del male, e forse grazie proprio alla nevrosi…. Pertanto, la Psicologia della personalità che non tenga conto di questo elemento strutturale e delle sue funzioni, né a livello concettuale, né a livello della prassi terapeutica, né a livello della ricerca, disattende il suo oggetto” (Aldo Carotenuto, “Trattato di psicologia della personalità e delle differenze individuali”, Cortina, Milano, 1991)

Rileggendo la riflessione assai stimolante e indubbiamente “provocatoria” sul “senso” della nevrosi (o, almeno, di molte nevrosi), formulata da Aldo Carotenuto – uno dei miei autori preferiti, purtroppo scomparso da non molti anni – mi sono sentita indotta a riconsiderare con maggiore attenzione il “significato” dei disagi che spesse volte tormentano, anche in modo terribile, la nostra vita, inducendoci a ricorrere alla psicoterapia o alle cure psichiatriche.

Carotenuto ci invita ad essere più “umani”, suggerendoci di essere più “pensosi” sul reale senso che talvolta può avere un problema psicologico, da noi troppo sbrigativamente considerato come una “malattia”, dalla quale vogliamo “guarire” come se si trattasse di un disturbo fisico, lieve o grave che sia. E’ possibile “curare” una nevrosi, un “disagio dell’anima”, come, ad esempio, si tratta un’artrosi, una sofferenza epatica, una cardiopatia, un disturbo delle vie respiratorie, una più semplice influenza, ed altro? La risposta è ovvia. Ma talvolta, paradossalmente, accade che sia proprio l’ovvietà a ingannare la nostra attenzione.

E sovente avviene che siano proprio i medici e gli psicologi, magari troppo sensibili ad una visione “organicistica” dei disagi psichici, a non sfuggire a questa “disattenzione”. Ma la nevrosi, spesso, più che essere una “malattia”, è, invece, un “segnale”, un “richiamo”, una “invocazione” che nasce dalle più remote profondità del nostro esserci, per comunicarci che, da un certo momento in poi, l’impostazione della nostra vita deve cambiare ; che dobbiamo imprimere una svolta al nostro percorso esistenziale ; che non possiamo più eludere o rinviare gli obbiettivi più “veri” della nostra esistenza. In questo senso, il disagio nevrotico, se adeguatamente ascoltato e interpretato nel suo più autentico significato, si “rovescia” nel suo contrario, perdendo tutto l’apparente alone di malattia, per configurarsi come un invito irruente e appassionato di un’anima tutt’altro che “spenta” a riappropriarsi della propria energia creativa, risvegliando in noi quelle forze e quelle doti più autentiche, che rendono e renderanno sempre la vita degna d’essere vissuta. La nevrosi, allora, come “sale della terra”, della nostra “terra interiore”? Riflettiamoci.

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