Una carissima amica che ha passato da qualche anno la quarantina mi ha scritto recentemente per farmi gli auguri in occasione del mio compleanno. La sua bella e gradita lettera si concludeva, però, soprendentemente, con un post-scriptum che mi ha lasciata fortemente sorpresa, perchè mai me la sarei aspettata da lei, che è stata sempre intrepida e solida dinanzi alle difficoltà della vita.
Dietro sua autorizzazione, riporto il passo. “Da un po’ di tempo avverto una certa incontenibile agitazione. E’ un po’ come se il cuore, in certi momenti, mi pulsasse in testa come un sordo presagio. Temo di essere entrata lentamente a far parte di quella cerchia di persone che soffrono di ipertensione, o, meglio, hanno paura di soffrirne. Tutto è iniziato poco dopo il mio ultimo compleanno e dopo un normale esame del sangue, che ha evidenziato qualche cenno di glicemia, sul quale, malgrado le rassicuranti parole del mio medico, la mia mente ha cominciato a lavorare vorticosamente. Improvvisamente si è insinuata in me una inarrestabile sensazione di invecchiamento, dinanzi alla quale mi è sembrato di poter perdere, da un momento all’altro, il controllo della mia salute e della mia vita. E’ accaduto come se un equilibrio fatto di sottili e impalpabili armonie si fosse inesorabilmente rotto, ed in me ha cominciato a prendere corpo la paura dell’ipertensione. Una paura forse assurda, non suffragata dagli effettivi valori della mia pressione, ma comunque insinuante come un veleno sottile, o come un presagio luttuoso, che mi tiene continuamente in stato di allarme.
Secondo la tua opinione, Luisa, su di un piano psicologico da che cosa può derivare questa mia paura, e come posso fare per guarirne? Hai qualche consiglio da darmi?”
La “confessione” della mia amica mi ha fatto riflettere con molta partecipazione emotiva. Conosco da tantissimi anni la sua personalità, sempre vivace, esuberante, desiderosa di emergere e di farsi apprezzare dagli altri, ma anche razionale, controllata ed attenta nel mantenere costantemente un’immagine giovanile e gradevole di sé.
Considerando ciò che conosco di lei, e valutando che la sua “paura” ha cominciato a manifestarsi dopo il suo ultimo compleanno, abbastanza vicino al mio, mi è sembrato di poterle rispondere nel modo seguente.
Laura, tutte le tue considerazioni sull’ipertensione rimarranno sempre una pura lotta contro i mulini a vento se, come mi dici, mancano di dati oggettivi, in grado di convalidarne l’attendibilità. Forse, come talvolta accade, nel concetto di “ipertensione”, tu nascondi e racchiudi “altre” paure, delle quali bisognerebbe in realtà parlare, per smascherare l’uso di questo falso bersaglio. Se, infatti, parliamo di una ipertensione senza oggetto, ci muoviamo su di un terreno che è assolutamente vuoto di significati. In questo caso, tu hai a che fare non con una paura vera e propria, ma con una “paura di una paura”. La parola “ipertensione” ti permette di dare un nome a questa paura e ti concede di “vedere un nemico in faccia”, anzichè brancolare nel buio di una angoscia senza oggetto.
Anche se l’oggetto della tua paura non é reale, tu ti trovi ad usare un semplice “flatus vocis”, per dare corpo ad una costellazione di paure “più reali”, di cui non vuoi parlare. In questo modo ti crei un alibi per non affrontare i tuoi veri disagi. Continuando a parlare solo ed esclusivamente di ipertensione, noi non centreremmo mai il vero oggetto delle tue paure, perchè tu stessa lo eludi, camuffandolo con la storia dell’ipertensione, senza, in realtà volerti curare, ma chiudendoti in un “vittimismo onnipotente”, come in una ben munita fortezza narcisistica, dove non vuoi in realtà che nessuno entri.
Adesso permettimi di formulare una possibile interpretazione di ciò che “sta dietro” la tua paura dell’ipertensione. In realtà, dopo il tuo ultimo compleanno e dopo “qualche” segnale di un valore ematico appena lievemente fuori dalla norma, ti sei lasciata assalire dalla paura di invecchiare, ed hai avuto timore di “perdere il controllo” (ecco la fobia dell’ipertensione!) dell’immagine giovanile che vuoi mantenere di te stessa. In tal senso ti sei rifugiata nell’ipertensione per mascherare la tua “vera” paura, che è quella di crescere. Tu, in realtà, carissima Laura, non hai paura di invecchiare, ma di crescere, cioè di trasformarti! Vorresti che il tempo si fermasse e che tutto rimanesse immobile, sotto controllo, ferreo e inesorabile. Un controllo difficile, che richiede una continua, ossessiva attenzione, che può da un momento all’altro sfuggire : come accade quando si è ipertesi.
Io prima ho usato la parola “fortezza” non a caso. Tu, con la tua paura, stai mettendo te stessa in “stato d’assedio”, chiudendo portoni, finestre e tirando su ponti levatoi perchè nessuno possa entrare. Tutto, dentro questa fortezza – che poi sei tu stessa – deve rimanere inalterato, statico ed immutabile come nel castello della “Bella addormentata”. Lì, tutto e tutti dormono per fermare il tempo e per sostituire al “divenire” eracliteo della vita, l’ “essere” parmenideo unico, eterno e immutabile.
Dovresti rileggere attentamente la favola della “Bella addormentata”, cercando di coglierne i significati simbolici. In questo momento della tua vita, forse tu, proprio tu, stai recitando la parte della principessa della favola. Insegui un sogno di immutabile giovinezza e ti addormenti, senza accorgerti che è proprio quando sei addormentata che il tuo corpo diviene una “cosa” senza vita e si copre di ragnatele, diventando proprio ciò che volevi evitare : un corpo VECCHIO! Inesorabilmente SENEX, perchè gli togli l’anima.
Vedi, è proprio nel momento in cui tu “celebri” le tue paure, ne parli, ti ci addentri, ci nuoti dentro come in un oceano dalle acque gelide, privo di vita e di memoria : è proprio allora che diventi inesorabilmente vecchia, bisbetica, brontolona, acida e segaligna come la classica zitella della tradizione anglosassone.
Nella favola della “Bella adormentata” tutti dormono a causa di un maleficio ordito da una strega. Ebbene, la “strega” che provoca il “tuo” sonno paralizzante è LA PAURA. E’ quella che chiude tutto : porte, portoni, finestre e ponti levatoi, obbligandoti a vivere nella falsa illusione di una “eterna giovinezza”, dove tutto, invece, invecchia in un immobile grigiore di pietra.
La paura è la “parte strega” di te stessa, che ti punge, ti paralizza e addormenta tutto, tutti, a partire da te stessa. Ogni cosa, ogni persona, in questo scenario tragico di sonno senza tempo, rimane come “pietrificata”, chiusa in un ruolo, come in un’icona polverosa e senza vita. Tutto si allontana e sfuma, diventando un inerte reperto archeologico.
Anzichè cercare “ricette” immediate per superare le tue paure, dovresti meditare con molta profondità la favola della “bella addormentata”, facendone la “tua” favola. Perchè soltanto tramite questa immersione totale nel mare delle tue paure puoi incominciare a “capire”, nel senso più pregnante del termine, quale possa essere la strada più vera per uscire dalla tua grigia fortezza, nella quale la tua strega interna ti ha rinchiusa, con l’illusione della “eterna giovinezza”, che è, in realtà, solo “morte e stridor di denti”.
Poi, ecco, nella favola, arriva la figura del “Principe” che risveglia la “Bella addormentata” con un bacio, rompendo il maleficio. E’ un classico “Principe azzurro”, un “deus ex machina” che interviene “dall’esterno”, oppure, al di là del ruolo “salvifico” che ha nella favola, può rappresentare il benefico risveglio di una “forza interna”, di una nuova energia interiore, che porta la Principessa stessa a “prendere coscienza” delle proprie false illusioni, cioè a ridare vita al mondo di immobili “statuette” di pietra del suo palcoscenico interiore?
Cerca di rifletterci, carissima Laura. Da quel momento le porte della fortezza si riaprono e la vita torna a fluire, senza più paure.