Vi sono, nella nostra esistenza, momenti particolari nei quali sentiamo che l’intimità del nostro Io corre il rischio di essere violata da sguardi indiscreti, da parole insinuanti, da giudizi taglienti, in un clima di strisciante e ambigua ipocrisia.
In quei momenti, la presenza degli altri diviene una atroce tortura, anziché essere un rassicurante conforto. Ciò accade soprattutto quando il nostro comportamento osa scostarsi, anche di poco, dal mondo piatto ed incolore del conformismo dei più, per seguire qualche percorso “alternativo”, su qualunque terreno, dal più semplice al più complesso.
La nostra condotta viene immediatamente anatomizzata, valutata, imprigionata in facili pregiudizi, mentre la nebbia scura della calunnia ci avvolge, ci disorienta e ci tormenta
Forse, tutto questo “frastuono” di voci ostili e velenose che si levano contro di noi, è dovuto al fatto che inavvertitamente diventiamo “scomodi” agli occhi di chi ama il quieto ripetersi di uno stile di vita regolato da schemi tradizionali.
Spesso, infatti, anche il solo testimoniare che la vita possa essere vissuta alla luce di nuove prospettive, crea una “dissonanza” emotivamente insostenibile in molte persone abituate a “conservare”, più che “innovare”.
A tale dissonanza, subìta come una sorta di aggressione, si reagisce, come spesso accade, con la “messa al bando” del “trasgressore” mediante la maldicenza e il discredito morale.
Nel 1816, Gioacchino Rossini, nella sua famosissima opera “Il barbiere di Siviglia”, affidò alla voce di Don Basilio – uno dei personaggi dell’opera – la descrizione degli effetti devastanti che i pregiudizi degli altri provocano nella personalità di chi ne è oggetto. Si tratta di un’aria ormai divenuta classica, della quale è interessante rivisitare il testo, per poi ascoltarla dalla voce di uno dei suoi più grandi interpreti : il basso-baritono Ruggero Raimondi.
“La calunnia è un venticello / Un’auretta assai gentile / Che insensibile sottile / Leggermente dolcemente / Incomincia a sussurrar. / Piano piano terra terra / Sotto voce sibillando / Va scorrendo, va ronzando, / Nelle orecchie della gente / S’introduce destramente, / E le teste ed i cervelli / Fa stordire e fa gonfiar. / Dalla bocca fuori uscendo / Lo schiamazzo va crescendo: / Prende forza a poco a poco, / Scorre già di loco in loco, / Sembra il tuono, la tempesta / Che nel sen della foresta, / Va fischiando, brontolando, / E ti fa d’orror gelar. / Alla fin trabocca, e scoppia, / Si propaga si raddoppia / E produce un’esplosione / Come un colpo di cannone, / Un tremuoto, un temporale, / Un tumulto generale / Che fa l’aria rimbombar. / E il meschino calunniato
Avvilito, calpestato / Sotto il pubblico flagello / Per gran sorte va a crepar ….”