“Un altro giro di scuola” (a cura di Maria Luisa Valenti)
La costruzione della realtà nei ragazzi è un processo spesso faticoso e tormentato. Da un lato vi è la vita che “insegna”, dall’altro vi sono gli adulti che, a loro volta, insegnano e “trasmettono”. Acquisire, sistemare, elaborare tutta questa “tempesta” di sollecitazioni non è facile, specialmente se, a completare il quadro polivalente degli stimoli, si aggiungono le profonde e rivoluzionarie trasformazioni interne che i ragazzi avvertono, sia sul piano della crescita fisica che su quello psicologico degli interessi, dei valori e degli orientamenti verso la vita. Essi finiscono col muoversi su di un terreno “vulcanico”, ricco di colpi di scena, di inaspettate emozioni, di ansie e di timori più o meno evidenti e più o meno “inconsci”.
Quale può essere l’atteggiamento migliore che dinanzi a questa realtà “magmatica” gli adulti possono e devono, o dovrebbero, assumere? Sicuramente dovrebbero essere evitate le cosiddette “proiezioni” che spesso “i grandi”, anche involontariamente, esercitano sui “piccoli”, quando li vogliono a propria misura, senza prestare granchè attenzione a come essi realmente sono.Già la vita di per sè obbliga i ragazzi a confrontarsi con ostacoli, delusioni, situazioni frustranti e dolorose. E’ necessario che i genitori, in tal senso, evitino di aggiungere anche il carico delle proprie “egoistiche aspettative” al già difficile terreno interno ed esterno sul quale i figli si muovono.
Il modo migliore per aiutarli a destreggiarsi è di ascoltarli, accompagnarli, sostenerli con un dialogo sempre aperto e rassicurante, per renderli fiduciosi in se stessi, evitando che essi si creino l’immagine di in mondo ostile e persecutorio, dove il male prevale sul bene ed è necessario diffidare di tutto e di tutti. Proprio oggi, la mia figlia minore, che ha concluso la scuola elementare e quest’anno inizierà la Scuola Media, ha saputo di essere stata destinata, per sorteggio, ad una classe dove non ritroverà le compagne ed i compagni con i quali è stata sempre nei precedenti cinque anni di scuola.Questo “distacco”, ha provocato in lei una vera e propria scenata di disperazione, con conseguente rifiuto della nuova scuola.
Devo confessare che dinanzi a questa scenata, in un primo momentosono stata tentata di rispondere con un consueto “sermone” tipicamente adulto, nel quale avrei sottolineato che la classe dove verrà a trovarsi è guidata dagli “insegnanti di valore,” che le daranno una formazione culturale di cui dovrà andare orgogliosa, che non tutto “il male”, quindi, viene per nuocere.Poi, però, mi sono trattenuta. Ho considerato il discorso che avrei fatto come l’espressione di una mia personale “preoccupazione” culturale, che in quel momento nulla aveva a che fare con il reale dispiacere che mia figlia stava provando.
Per questo motivo, ho condiviso il suo dispiacere, abbracciandola e lasciando che piangesse sulla mia spalla ; poi ho lasciato che si sfogasse, e quindi, lasciandomi guidare da un certo “istinto” ho cominciato ad attirare la sua attenzione sul fatto che in questo ultimo anno è cresciuta molto in statura ; che è diventata una “ragazzona” ; che ha imparato a parlare e a studiare in modo più proficuo e assennato rispetto al passato, tanto da concludere il ciclo elementare con ottimi voti ; che adesso può contare molto sulle proprie capacità e può permettersi di avere molta fiducia nelle sue doti personali.
Tutto questo le permetterà di andare incontro alla nuova scuola e alla nuova classe superando in modo brillante il distacco dai compagni della scuola elementare. Parole semplici, pronunciate col cuore, dialogando con serenità e, soprattutto, ascoltando e condividendo il mondo reale nel quale, in quel momento, mia figlia stava soffrendo. La comprensione, il “rinforzo positivo” e l’accettazione piena della sua sofferenza che le ho trasmesso, hanno prodotto il loro effetto. Forse era proprio quello che mia figlia chiedeva per potersi rasserenare. Il dolore per il distacco è sicuramente rimasto. Ma la possibilità di poterlo condividere con la mamma e l’invito ad avere fiducia nelle proprie capacità, ne hanno attenuato l’impatto. Stasera ho visto mia figlia più serena.