Alcune riflessioni personali sulle dimissioni del Pontefice (a cura di Maria Luisa Valenti)
Le dimissioni del Pontefice costituiscono sicuramente un evento di portata talmente “epocale”, che la coscienza di ciascuno di noi, sia cattolici che laici, non può non uscirne profondamente scossa. E più, col passare dei giorni, emergono ulteriori particolari attorno alla scelta del Papa, fra i quali spicca la notizia che egli aveva già da tempo meditato e preparato la sua rinuncia, più lo sconcerto si fa pesante.
In questa sede, io non voglio rendermi portavoce di un malessere collettivo, che peraltro mi è già accaduto di raccogliere ascoltando direttamente le reazioni di amici e conoscenti, leggendo gli estesi réportages di cui sono stracolmi tutti i giornali, curiosando su Internet e seguendo varie trasmissioni e dibattiti televisivi ; né voglio addentrarmi nei tortuosi meandri della “dietrologia”, nei quali illustri opinionisti di rango hanno già iniziato a muoversi con consumata disinvoltura, anche se, talvolta, con scarso rispetto della verità. Desidero soltanto formulare alcune personali riflessioni che questo avvenimento ha suscitato nella mia mente e nel mio cuore, offrendole agli amici lettori di questa pagina.
E’ ben lungi da me qualsiasi ombra di polemica : le dimissioni del Pontefice, nella loro mesta e sofferta umanità mi hanno innanzitutto commossa, specialmente per il loro accorato richiamo alla stanchezza fisica ed interiore del Santo Padre. Tuttavia il mio passato di studentessa che, a suo tempo, ebbe occasione di sostenere esami che riguardavano la storia della Chiesa e la filosofia medievale, non mi ha trattenuto dal pormi qualche domanda di fondo, al di là di ogni umana comprensione.
Che un Pontefice potesse rassegnare le dimissioni dal proprio “mandato”, mi sembra un caso che si verificò più di settecento anni fa, esattamente il 13 Dicembre 1294, con Celestino V, il Papa duramente condannato da Dante Alighieri come “colui che fece per viltade il gran rifiuto” (cfr. Divina Commedia, Inferno, canto III, vv.59-60).
Da quell’epoca così lontana da noi, nessun altro Papa aveva mai più compiuto un simile gesto, almeno fino ad oggi, fatidico anno 2013. Ma se quella di Celestino V fu probabilmente una vera e propria “fuga” istigata con la forza, per motivi politici, dal cardinale Benedetto Caetani, che fu poi l’immediato successore di Celestino, col nome di Bonifacio VIII, oggi, Papa Ratzinger ha dichiarato di avere deciso di ritirarsi dal suo pontificato “in piena libertà di coscienza”, senza alcun genere di impedimento. Il Diritto Canonico prevede questa possibilità, come hanno ribadito i cardinali portavoce del Pontefice.
Tutto regolare, allora? – mi vien fatto di chiedermi. Tutto come accade negli impieghi pubblici, dove si può rassegnare le dimissioni nel caso che si renda necessario? Tutto come accade nel mondo laico, insomma, dove, ovviamente, prevalgono criteri e calcoli di ordine pratico?
Compiere questa “equiparazione” sinceramente ripugna fortemente alla mia mente, al mio cuore, alla mia coscienza. Io penso – anzi, ho sempre pensato – che la carica di Pontefice non sia un impiego qualsiasi, ma una Investitura Divina, una “chiamata” che discende direttamente da Dio, dalla quale colui che ne é oggetto non possa in alcun modo esimersi, senza correre il rischio di testimoniare, col suo rifiuto, che “Dio si è sbagliato”. Mi sembra di aver letto che quando i Cardinali, riuniti in Conclave, eleggono un Pontefice, le loro menti sono illuminate o ispirate da Dio ; ed il Pontefice che da essi viene eletto è in tal modo l’autentico Vicario di Cristo. Lui è l’ “erede” della Croce, e da essa, teoricamente, non potrà mai “discendere”. Si potrà sempre dire che l’Infinita volontà del Creatore, senza nulla perdere della Sua Eterna Forza, talvolta si confronta con la fragilità e la miseria umana della creatura, come è accaduto al nostro Papa, il quale, a giustificazione delle sue dimissioni, ha dichiarato di non riuscire più a sostenere gli oneri gravosissimi che la sua carica comporta. Ma, di contro, ci si può anche chiedere legittimamente perchè nessun altro Pontefice, dopo Celestino V, si sia mai più avvalso della possibilità di rassegnare le dimissioni, “ripudiando” la Divina Chiamata. Si è trattato sempre di semplice attaccamento al proprio potere, oppure di una fedeltà alla Volontà Divina, abissalmente assai più profonda e totale, proiettata al di là di ogni limite immaginabile?
Molti hanno “salutato” l’attuale scelta pontificale come un segno “inequivocabile”, che prelude ad un possibile, rivoluzionario “rinnovamento” della Chiesa. Può darsi che ciò sia vero e che, in tal senso, si possa anche invocare l’intervento della stessa Provvidenza Divina, che starebbe predisponendo tale evento proprio attraverso le stesse dimissioni del Papa.
Tuttavia io, pur non essendo teologa, né aspirando assolutamente ad esserlo, non posso evitare di intravedere in tutta questa serie di avvenimenti la presenza di un rischio, al quale – mi sembra – nessuno fino ad ora ha voluto far cenno.
Il rischio del Relativismo.
Quando il Papa iniziò il suo pontificato, ricordo ancora che uno dei temi sui quali maggiormente insistette nel suo discorso ufficiale di insediamento fu proprio quello della necessità di combattere il Relativismo dilagante nella nostra epoca. Oggi, le sue dimissioni, paradossalmente, sembrano confermarlo e persino consolidarlo, anzichè contrastarlo. Da secoli, la Chiesa si fonda su di un nucleo di Valori “non negoziabili” (sono parole dello stesso Pontefice), che sono stati sempre considerati “dogmatici”, cioè indiscutibili perchè discendenti dalla Suprema Autorità Divina. Penso, ad esempio, alla indissolubilità del vincolo matrimoniale – salvo casi gravissimi, di pertinenza della Sacra Rota. Ebbene, nel momeno stesso in cui il Papa in persona scioglie il proprio “vincolo” che proviene direttamente da Dio, non si rischia per ciò stesso di rendere plausibile che anche altri legami, più “umani”, seppure sanciti da Dio, possano sciogliersi, divenendo fatalmente “relativi”?
Premetto che io personalmente non ho nulla contro il divorzio o le separazioni, e neppure contro le cosidette “coppie di fatto” : penso soltanto che le dimissioni del Pontefice determinino fatalmente un cambiamento di ottica anche su questi problemi, che d’ora in avanti non potranno non essere considerati in modo diverso dalla Chiesa. Si tratta indubbiamente del preludio ad un “nuovo corso storico”, che seppure disorientante, dovrà fare riflettere profondamente il nuovo Pontificato, e con esso tutti noi.