Canto di stelle

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Spesse volte le fotografie, specialmente se “antiche”, sono come scrigni preziosi che racchiudono magicamente tutta la favolosa ricchezza dei momenti più emotivamente importanti della nostra storia personale. Basta che il nostro sguardo si soffermi su una di esse e ne accarezzi per un solo attimo la superficie, perchè subito, come da una lanterna magica, un fervido brulichio di ricordi si diffonda immediatamente nella nostra mente e con essi si risveglino persino percezioni di cui avevamo smarrito la memoria, come colori, odori, sapori, profumi, suoni, scenari, mentre tornano a vivere volti e voci di persone ormai lontane nel tempo. Si tratta di emozioni assai intense, che specialmente quando ci colgono di sorpresa, ci portano repentinamente lontano dal presente, in uno straordinario salto di dimensione negli affascinanti territori della memoria.

In tema di inaspettate scoperte fotografiche, proprio ieri, navigando su internet alla ricerca di una informazione, la mia attenzione é stata improvvisamente catturata in modo irresistibile dalla suggestiva immagine di un complesso ecclesiastico, nel quale, con un emozionante tuffo al cuore, ho riconosciuto il santuario di Tagliavia, situato in località Saladino : un paese per me tutt’altro che “neutro”, dove ho trascorso buona parte della mia infanzia e adolescenza, abitando in una casa colonica che, anche se non visibile nella foto, era posizionata poco oltre la chiesa del santuario. Alla vista di quello scenario, la mia immaginazione ha istantaneamente amplificato il campo di quella foto, e subito mi si è come ridisegnata nella mente l’immagine della mia favolosa casa. Si trattava di un edificio assai bello, grande, dalle stanze numerose ed ampie, tutte corredate di armadi incassati nel muro (ricordo che li chiamavamo “armadi all’americana”). Poi c’era un forno a legna e un giardino immenso, sempre variamente fiorito in tutte le stagioni, con un pozzo al centro, dall’architettura particolarmente armoniosa. Un vero Paradiso per chi, come me, a quel tempo, era sempre avidamente protesa a cercare, scoprire e assaporare nuove meravigliose sorprese.

Questo repentino e inaspettato flusso di memoria, ha suscitato in me una travolgente ondata di emozioni così struggenti ed intense che in un attimo mi sono ritrovata immersa nell’incanto di quei magici luoghi, a sentire, ad esempio, il il tiepido profumo del pane appena sfornato che mia madre preparava con mani amorevoli e sapienti, in una atmosfera di genuinità, fatta di cose semplici, autentiche e rasserenatrici, nell’unicità di una natura festosa e accogliente, ben lontana dai frastuoni volgari del quotidiano mondo cittadino. Nel corso della mia vita mi è accaduto più volte di parlare di Saladino come di un “posto delle fragole” decisivo e vitale per la mia esistenza. Là, sebbene fossi molto giovane, ho imparato a contemplare il cielo nelle notti più limpide e calde dell’Estate.

Ricordo che mi adagiavo sul prato del giardino e con gli occhi perduti in quella immensità cercavo di contare le stelle, mentre la lieve brezza della sera sfiorava la mia fronte e udivo il canto delle cicale, che, come un inno alla vita, proseguiva instancabile anche quando si era già fatto buio. Ogni tanto mi giungeva la voce di mio padre che mi invitava a salire in casa perché ormai era tardi, ma io spesso non la ascoltavo neppure, immersa com’ero in quel mondo dove tutto parlava il linguaggio di una interminabile fiaba. In quel luogo io ho profondamente amato quel cielo della mia infanzia, che si apriva dinanzi ai miei occhi stupiti dinanzi al mistero del Sublime ; e quel cielo forse sapeva tutto di me ; forse era come un libro magico dove era già scritta tutta la mia vita futura. Ancora, a distanza di anni, quel cielo di Saladino io lo porto indelebilmente scolpito dentro di me, e mi è accaduto spesso di rievocarlo specialmente nei momenti più drammatici della mia esistenza, come un arcano talismano che riesce sempre a riaprirmi alla speranza e allo stupore della gioiosità di esistere, come quando, bambina entusiasta, correvo leggera come una farfalla verso la Vita, mentre tutto, intorno, era un “canto di stelle”.

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