La paura di vivere

Posted on

La “fatica di vivere”, o, meglio, la “paura di vivere” è il male oscuro che tormenta sempre più drammaticamente i nostri giorni, in quest’epoca di precarietà, dove la vita individuale è sempre più diffusamente esposta all’insicurezza del domani.

Spesso, questo grigiore esistenziale, che fa sentire soli ed isolati in un mondo rumoroso e frastornante, si coniuga con le ferite accumulate nel corso della propria storia individuale, creando un grumo di sofferenza che ci porta sull’orlo della più totale e desolata disperazione. In questi casi, la paura di vivere raggiunge vette veramente parossistiche e ci fa sentire smarriti, disorientati e condannati ad un silenzio interiore, dove la comunicazione con gli altri si rapporta a volti indifferenti e ostili.

Una mia carissima amica, proprio in questi giorni mi ha scritto per narrarmi un suo calvario di paure, che fin dall’infanzia ha condizionato pesantemente tutta la sua vita. Mi ha pregato di risponderle, autorizzandomi anche a rendere pubblica la sua lettera se ciò può giovare anche ad altre persone che, come lei, si trovano a doversi confrontare con analoghi problemi.

Ecco, allora, la sua lettera, nella quale mi sono limitata soltanto a togliere tutti gli elementi che potrebbero rendere “riconoscibile” la scrivente.

Sto vivendo un percorso famigliare terribile. Mio padre accusa, bestemmia, manda a quel paese mia mamma, urla, ci fa capire che siamo delle fallite, si sveglia all’improvviso di scatto e si arrabbia con noi, ce l’ha perfino con la televisione e ci dice parole orribili (dovete annegarvi, avete sempre vinta voi, non fate mai una di giusta,….).
Da anni ne sto soffrendo e non oso immaginare cosa sta provando mia Mamma.
All’età di 8 anni come tutti i figli ero un pò fiera e all’improvviso mio padre mi corse dietro, io mi nascosi sotto il letto e lui prese una ciabatta e me le do, me le do, me le do, da quel momento quel ricordo non riesco a rimuoverlo, infatti quando comincia ad alzare la voce mi blocco e sprofondo e comincio ad alterarmi e chiudermi in me stessa piangendo tra me e me. Mia mamma non parla, ma quella sensazione la prova anche lei, si vede dallo sguardo sofferente, di una persona che non c’e la fa più.

Per farla uscire di casa bisogna supplicarla.
Tutto questo è insopportabile e ti fa vedere il mondo sotto un’aspetto “vomitevole” e vedi tutto in negativo.
Da quando ho cominciato le superiori, volevo diventare meglio di mio padre, con le mie difficoltà sono riuscita a diplomarmi ed aprire la mia partita iva, solo perché non volevo essere una fallita come lui; ma le mie emozioni e le mie sensazioni non mi fanno crescere o meglio giorno per giorno mi sto accorgendo di racchiudermi in me stessa e di non riuscire a costruirmi un futuro.

In questi ultimi anni mi sono sentita sprofondare più di una volta e risalire dal fondale non è così semplice.
Ho una vita difficile ,burrascosa; mio padre ha una vita difficile a lavoro e dice tutte le parole più brutte e insolenti a me e a mia mamma, mia mamma vorrebbe un po di tranquillità e una vita più serena costruita sulla famiglia, infatti è lei che tiene legata tutta la famiglia ,se fosse per mio padre sarei scappata o … più di una volta. e oltre a subire tutte le tensioni famigliari sono io quella persona che si sente fragile e sofferente, quella persona che soffre per la malattia che ha e per quel mondo disgraziato che si trova attorno. Vorrei essere più serena anch’io ma non ce la faccio.
Mi sveglio la mattina con l’incubo di che cosa mi può succedere nella giornata e sperando Dio che prima o poi qualcosa cambierà. Ogni tanto mi servirebbe un sorriso o una parola d’affetto o di incoraggiamento per poter vivere.

Dopo avere letto questa lettera, così commovente, inquietante e disperata, il mio primo moto interiore è stato quello di correre dalla mia amica, per abbracciarla e farle sentire tutta la mia condivisione e partecipazione alla sua sofferenza. Ma poi mi sono anche posta una domanda, che mi è risuonata dentro per molti giorni, nella mente e nel cuore. E’ possibile uscire da questa oscura, orribile e tormentata prigione della sofferenza? E come?
All’inizio è stato solo silenzio dentro di me. Un silenzio impotente e desolato.

Poi, gradatamente, il cuore mi ha dettato questa risposta : “una” risposta possibile, non “la” risposta. Magari, la “mia” risposta. Ma, fortunatamente, una risposta che, forse, ha dato una speranza alla mia amica.

In fondo la mia amica non potrà mai cancellare la ferita che la violenza paterna ha lasciato dentro di lei. Nel suo mondo interiore, in un cantuccio della sua anima e dei suoi ricordi rimarrà sempre l’immagine di una bambina spaurita che si nascondeva sotto il letto per sfuggire all’ira del padre. Non si potrà mai fare in modo che ciò che è accaduto non sia mai avvenuto. Però, si può guardare a quella ferita con occhi “nuovi”, rispetto al passato. Si può prendere per mano quella “antica” bambina spaurita, e la si può aiutare a “trasformare” l’acuta sofferenza di un tempo in una nuova forza di incontro con gli altri. Gli occhi di quella bambina, dopo avere “visto” una prima volta l’ira paterna, da quel giorno in poi hanno continuato a guardare con terrore immutato il mondo, popolandolo di nuovi padri, anche essi potenzialmente persecutori.
Ma quegli occhi, così smarriti e così terrorizzati, hanno anche “imparato” a guardare le persone con un’attenzione del tutto particolare, per cercare di coglierne le più segrete ed invisibili intenzioni. In questo modo, hanno sprigionato e formato una nuova “forza” : quella della comprensione, dell’intuizione, della penetrazione. Una forza segreta, ma affascinante, sulla quale si può costruire un nuovo modo di rapportarsi agli altri.
Una modalità fondata sull’ascolto, sull’offerta di dialogo, sulla umile tolleranza, sul “prendersi cura” delle sofferenze altrui proprio perchè tanto, a nostra volta, abbiamo sofferto. Una grande trasformazione, dove un dolore antico diviene luminosa accoglienza e disponibilità verso l’altro, che non è più Padre adirato, ma Fratello, o Compagno di Viaggi.

Se non è possibile cambiare l’ineluttabilità della nostra storia personale, sarà sempre in nostro potere cambiare “le lenti” con le quali osserviamo il nostro passato. Lenti “magiche”, se vogliamo, che ci fanno scoprire la forza segreta che può sprigionarsi dal nostro stesso vissuto di dolore, riaprendo la nostra vita, in una sofferenza senza tempo, ad un nuovo futuro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *