L’improvvisa e brutale morte del mio amico Giorgio

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Oggi ricorre l’anniversario della improvvisa scomparsa del mio caro amico Giorgio. Ho ripreso mestamente in mano la riflessione che scrissi in quella drammatica occasione. Desidero riproporla per onorare in qualche modo la sua memoria.
La morte del mio amico e’ stata per me un lutto tremendo, cioè una separazione angosciosa da una persona alla quale ho voluto profondamente bene . Con la sua morte, è come se si sia chiuso brutalmente un mondo d’amore, di corrispondenze e di scambi, che aveva alimentato tanti anni della mia vita, e mi sono sentita smarrita, sola e priva di appoggio, come se una parte vitale di me stessa fosse improvvisamente scomparsa. Subito ho iniziato ad avvertire una diffusa emozione negativa, un crepuscolarismo grigio e opaco che faceva “raggrinzire” la mia vitalità, facendomi diventare “acida” come una vecchia zitella brontolona . “Diamoci una regolata!”, mi sono detta. “Non è da te Luisa! Qualcuno mi ha chiamato ‘Luisa Primavera’! Adesso dovrò chiamarmi ‘Luisa Autunno’? Che cosa fai? Stai entrando in letargo?” Questo richiamo, come un repentino guizzo di energia, ha incominciato ad imprimere un nuovo corso ai miei pensieri negativi. “Devi osare mettere da parte le “tempeste del dubbio” e continuare con serenità a fare come hai fatto fino ad ora! E’ presto, ancora troppo presto per invecchiare. Forse Giorgio stesso, nella sua scintillante vitalità, sarebbe il primo a non volerlo, rimanendone offeso!”

Chi non ha provato la perdita di qualche caro? Si rimane come annientati dal lutto, e tutto ci sembra privo di significato e di colore. Poi, però, inizia la fase dell “elaborazione del lutto”. E ciò avviene quando si comincia a riflettere che quella persona, nonostante tutto, ha lasciato qualcosa di prezioso dentro di noi : i suoi insegnamenti, il suo amore, tutto il corredo di ricordi che avevano costellato la nostra vita.

“Basta, allora, di grugnire come un’orsacchiotta che sta cercando la caverna dove consumare il suo letargo! E poi, se continui così, non potrai mai essere d’aiuto a chi ne ha di bisogno!”, mi sono detta. “E pensa a Giorgio e alle cose meravigliose che ha lasciato dentro di te!”

Un “sedimento” che continuera’ ad essere una potentissima fonte di energia per me, come se egli continuasse a vivere in me al di là della sua morte. Una “presenza” che, anzi, vincera’ la morte, nel senso che nessuna morte lo potra’ mai concellare. Questa convinzione ha preso sempre più forma dentro di me, fino a diventare una certezza che da oggi in poi accompagnera’ la mia vita e mi farà parlare di lui con amore immutabile, e, soprattutto, con la convinzione che tutto ciò che egli mi ha lasciato continui ad essere sempre operante e vivo dentro di me. E’ come un “ponte” che unisce in modo indistruttibile le due sponde della vita e della morte.

L’elaborazione del lutto in sè è senza dubbio un meccanismo di difesa. Ma io lo chiamerei un “allargamento d’orizzonte di coscienza”, perchè la parola “meccanismo” chiude, non apre, oltre che “materializzare” un evento che è soprattutto spirituale, non materiale. Di materiale c’è la morte ; ma i sentimenti che tentano di arginarne la brutalità sono spirituali, non materiali.

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