Questa domanda mi richiama la tomba del tuffatore, Paestum,Museo Nazionale .e’ una celebre e suggestiva immagine, che decora uno dei lastroni del tetto di una tomba greca ritrovata a Paestum nel 1968 e risalente al 480 a.c-
La scena ,che e’ considerata una delle piu’ suggestive e intense meditazioni dell’antichita’ sul mistero dell’aldila’ ,descrive il tuffo di un uomo nello specchio azzurro e luminoso del mare,che con la sua linea curva richiama il limite dell’orizzonte.I seguaci di Pitagora adottarono questa immagine come rappresentazione simbolica della morte :un ”tuffo”nel nulla ,un ”abbraccio”del divino ?E dove va l’anima dopo la morte ?Si disperde nella materia,si rifugia in un regno di ombre,si riunisce a Dio,si reincarna in altri corpi?O forse queste stesse domande ti appaiono insensate e indecifrabili,quasi fossero il frutto di una mentalita’ arcaica e definitavamente superata dal mondo ”laico”moderno?
E’ difficile fornire una risposta “oggettiva”, la quale, fra l’altro, potrebbe anche essere presuntuosa perchè gravata dalla pretesa di poter violare un mistero che nessun vivente potrà mai penetrare. Possiamo soltanto “lavorare di immaginazione” quando si parla della morte, limitandosi a elaborazioni del tutto soggettive, basate sulle nostre convinzioni personali. Io parto sempre dal presupposto che la visione che noi abbiamo della morte sia per molta parte il risultato di come abbiamo impostato la nostra vita. Come dire : dimmi come hai vissuto e ti dirò come concepisci la morte.
Se la vita vissuta è stata “illuminata” dalla fede nell’immortalità dell’anima, la morte è solo un “passaggio”, non una fine di tutto. Ovviamente accade il contrario per chi ha vissuto alla luce di convinzioni atee e materialiste.
Pascal, giustamente, parlava di “scommessa”, dal momento che nulla vi è di certo, se non la fede
La fine di tutto può essere confortante, anzichè paurosa. In fondo, se tutto finisce, non avrai da rendere conto a nessuno di ciò che hai fatto in vita……. E se le cose stessero veramente così, io sarei d’accordo con Epicuro, che, da buon materialista, diceva – come sai – che la paura della morte è assurda, poichè quando ci sarà essa, non ci saremo più noi.
Chi non crede nella immortalità dell’anima (io preferisco sempre parlare di immortalità dell’anima, non di “al di là”, che presuppone un “luogo”, descrivere il quale è pura ingenuità, anche se sono esistiti uomini di tutto rispetto – vedi Dante Alighieri – che hanno cercato di farlo….), è giusto – almeno penso – che cerchi di vivere il meglio possibile “questa” vita – l’unica in cui crede – per renderla degna di essere ricordata con rispetto da coloro che continueranno a vivere…..
La riflessione sulla morte non e’ stata una disgressione ,dal momento che la domanda sull’uomo chiama in causa la questione della morte,infatti,significa anche domandarsi se saremo per sempre,se cioe’ la morte dissolve interamente l’uomo,oppure ratifica la superiorita’ di un’anima che,essendo di natura diversa dal corpo sopravive alla sua distruzione.Anzi probabilmente l’esigenza di conoscersi e definirsi oltre l’apparenza della vita corporea nasce dall’esperienza drammatica e dolorosa di una ”interruzione”che minaccia l’esistenza umana;se l’uomo non fosse consapevole della sua mortalita’ ,se non desiderasse l’immortalita’ ,forse non sentirebbe l’esigenza di far luce sul senso della sua esistenza e sulla sua natura.