Una cara amica, cultrice appassionata di problematiche psicologiche, mi ha proposto qualche giorno fa una ulteriore domanda sull’Amore, che mi ha spinto con entusiasmo a rivisitare più approfonditamente alcuni spunti di riflessione che da sempre mi hanno affascinato, rispondendo ai miei più segreti bisogni di conoscenza attorno a un argomento sul quale mi è già accaduto altre volte di scrivere.
“Cara Luisa, vorrei una tua opinione riguardo alle proiezioni di Anima e di Animus nell’Amore. Spesso l’innamoramento tra due persone nasce perché si verifica un rispecchiamento delle rispettive proiezioni inconsce archetipiche ; ma affinché una relazione sia sana ed equilibrata, nella realtà deve essere superata questa fascinazione che nasce da un’idealizzazione dell’immagine di donna o di uomo che i partner hanno interiorizzato?”
Cara Mirella, la tua domanda si colloca in un contesto che potremmo definire “junghiano”, e mi induce a fornirti una risposta in sintonia col pensiero del grande fondatore della “psicologia analitica”. E scelgo questa strada perché ho sempre trovato le ipotesi di Jung assai vicine al mio modo di sentire l’innamoramento e l’amore.
L’incontro d’amore fra due persone – e parliamo di “amore”, non di semplice “flirt” oppure di “attrazione sessuale” fondata su canoni di costume e di modelli standard di esteriore bellezza fisica – è, per Jung, un evento che spesso si “gioca” sul piano inconscio prima ancora che sul terreno dell’apparire. Il mistero della “corrispondenza di amorosi sensi” che talvolta porta due persone ad avvertire una reciproca attrazione quasi“fatale” può avvenire sulla trama di uno scambio incrociato di richiami,che agiscono come potenti calamite sotto il livello della coscienza di ciascuno dei due futuri “amanti”.
Il potere affascinante di questi “echi” ha origini assai remote. La Biologia insegna che essere donna o essere uomo è una determinazione che non è precostituita all’atto del concepimento. Essa si costituisce ad un certo punto dello sviluppo prenatale, quando l’embrione del nascituro “diventa” femmina o maschio.
Prima di tale passaggio, l’embrione, nel suo stadio iniziale è bisessuale, ed il configurarsi dell’appartenenza al sesso femminile o maschile avviene non mediante “cancellazione” delle caratteristiche del sesso opposto, ma mediante “recessione” di tali caratteristiche. Queste ultime,secondo l’opinione del maestro della psicologia analitica, non scompaiono mai del tutto, ma rimangono come una sorta di “memoria biologica” codificata nell’inconscio della persona.
Questa dinamica biologica lascia una traccia nella psiche umana, e fa sì che ogni donna porti nel proprio inconscio una segreta componente maschile, così come accade che anche l’uomo rechi fra le pieghe più nascoste della propria interiorità un richiamo femminile. Si tratta di una sorta di inconscia “nostalgia” per una originaria completezza o per un vero e proprio “Paradiso perduto”.
In questa prospettiva, quando un uomo e una donna si incontrano, al di là delle regole dettate dai più usuali modelli di attrazione, e avvertono a livello cosciente come un “richiamo” o una vaga “magica sintonia” con l’altra persona, che si trasforma ben presto in un appassionato innamoramento reciproco, la regia di tale esaltante evento è situata nell’inconscio dei due innamorati, dove il maschile inconscio della donna si “riflette” nel maschile conscio dell’uomo, mentre il femminile inconscio dell’uomo a sua volta si specchia nel femminile cosciente della donna, in uno scambio incrociato di emozioni e di entusiasmanti scoperte, che fanno sentire “l’altro-da-me” come una presenza “da sempre” cercata, “da sempre” sognata, la quale, prima ancora di esistere fuori di me, esisteva già racchiusa nello scrigno più segreto della mia anima, la quale era come “in attesa” ; e l’incontro, “quel” particolare incontro, me l’ha fatta scoprire nella persona che è entrata nella mia esistenza come un’incarnazione vivente di tutte le mie inconsce nostalgie di completezza.
Tuttavia, lo svelarsi di questo meraviglioso “abbraccio di anime” non è quasi mai così netto e definitivo al punto da stabilizzarsi immediatamente in termini statici, come una fotografia nuziale. E’ un evento essenzialmente dinamico che, pur muovendo da un rivoluzionario “lampo” iniziale, come una specie di cosmico “big-bang”, deve poi uscire dalla dimensione nebulosa del sogno, che è atemporale, per entrare nel tempo, cioè nella storia concretamente vissuta dei due amanti. E tale percorso – perché di un vero e proprio percorso si tratta – non è sempre facile o trionfale.
Le proiezioni idealizzanti che caratterizzano l’inizio di ogni innamoramento, dopo una prima fase di esaltante entusiasmo, si trovano ben presto a doversi confrontare con la realtà “storica” della personalità e dei reciproci “vissuti” di cui ciascuno dei due amanti è portatore ; e questa specie di “atterraggio” sulla pista della vita reale è spesso tormentata da ostacoli inaspettati e sconcertanti. La prima difficoltà più ricorrente affiora quando l’altro-da-me, che prima era apparso totalmente simile-a-me, ora si svela anche “diverso da me”, manifestando tratti di carattere, abitudini, comportamenti che prima, nel bagliore accecante dell’innamoramento, erano rimasti in ombra. A questa “rivelazione” possono poi seguire altre scoperte inaspettate, in grado di scatenare una vera e propria “tempesta del dubbio” sulla effettiva autenticità dei sentimenti iniziali. L’abbraccio appassionato dei primi tempi rischia di sciogliersi e tutto sembra destinato a naufragare miseramente in un grigio mare di delusioni e di rancori.
Ma questo è il “prezzo” che in realtà ogni rapporto deve pagare per approdare dall’isola “fatata” dell’innamoramento al più esteso e compatto continente dell’Amore. L’amore più autentico, infatti, quello che “conta” veramente, nasce proprio quando il disagio della scoperta delle reciproche “diversità”, giunto ad un suo disperato parossismo, anziché provocare rotture irreversibili, produce uno sforzo di dialogo, di comunicazione, di scambio, di volontà d’aggiustamento delle “storture” e di elaborazione delle “delusioni”, facendo in modo che la triste constatazione della diversità, inizialmente raggelante, si trasformi nella nuova scoperta di una reciproca “complementarità”, che si sostituisce alla ricerca esclusiva e forse anche troppo intransigente delle idealizzazioni assolute. Questo è, dopo l’innamoramento, il vero e proprio “banco di prova” dal quale si sprigiona l’ autentica “anima dell’Amore”.
Infatti, non vi sarà mai Amore, nel senso più profondo del termine, se non quando il sognante e squillante richiamo dell’inconscio dialogherà con la vita cosciente e reale dei due innamorati. Rimanere sempre prigionieri di un sogno sarebbe come restare prigionieri di un astratto anelito ad un Amore totale, che rischia di perdere di vista la concretezza della persona reale di cui si è innamorati, con tutte le conseguenze contraddittorie che tale errore d’ottica comporta. Il vero Amore, se avvolge veramente in un unico, meraviglioso abbraccio due amanti, dovrà sempre confrontarsi, uscendo dalla magia del primo incontro, col “mistero” della diversità dell’altro-da-me, cogliendo questa diversità come un “complemento” necessario per il mio Io, in un nuovo clima di scoperta che mai dovrebbe avere fine, se, come diceva l’antico filosofo greco Eraclito, “per quanto tu possa camminare, mai raggiungerai gli estremi confini dell’anima, così profondamente abissale è la sua natura”.
E l’Amore, quello vero, è,appunto, il viandante che continuamente percorre l’anima dell’amata o dell’amato, alla ricerca di sempre nuove scoperte che si svelano ai suoi occhi, i quali mai cesseranno di rimanere incantati dalla ricchezza interminabile dell’altra persona.
One thought on “L’anima dell’Amore”
rivien la voglia di innamorarsi..